Nessuno mi aveva mai insegnato a nuotare ma da bambina quando andavo al mare con mia nonna mi buttavo e: “Mi guardi nonna? Ora vado dove non tocco.”
Mi tuffavo e mi allontanavo dalla riva, tranquilla. Di certo non una sirena, più una paperella, ma tutt’altro che smarrita.
Poi una mattina andai al mare da sola, mi tuffai, il mare era agitato e io mi ero allontanata troppo.
Non riuscivo a rientrare, le onde erano forti e mi prese una grande paura.
Tanto che gridai: aiuto!
Non mi è più successo per fortuna di gridare aiuto, è una cosa terribile, terribile sentirsi perduti, sapere che ti salverai solo se qualcuno arriverà. Diomio.
Subito si tuffò il vicino di ombrellone e mi riportò a riva.
A mia nonna non dicemmo nulla, ma io avevo conosciuto la paura e da quel giorno mi dissi: mai più dove i miei piedi non toccano terra. Mai più. Eppure amavo e amo il mare.
La sua profondità misteriosa, stare a galla su un abisso. Bellissimo, potente. Unico rumore il tuo respiro. Il tuo respiro sospeso diventa il metro di giudizio del mondo e delle cose. Forte.
Da là sopra senti che puoi fare tutto, che ce la fai, ce la farai, certo.
Ma avevo conosciuto la paura, riuscivo solo a pensare che volevo proteggermi.
Una manciata di anni fa andai qualche giorno a trovare una mia amica al mare, al sud. Ero ospite e non c’era tra noi molta confidenza. In generale, in quei giorni, dicevo sì a tutto quello che mi proponeva. Mi sembrava un dovere di ospitalità.
E fu bellissimo per questo, feci cose non mi erano usuali tipo dormire dopo cena e a mezzanotte svegliarsi e andare a ballare fino alle sette di mattina. Alle 7 bagno in mare, colazione e poi a letto. Quanto abbiamo ballato! Che bel ricordo quella piccola vacanza.
Ma il fatto è questo: lì non c’era il bagnasciuga, lì entravi in mare e subito non toccavi. Merda. Ma non avevo certo voglia di fare storie e avevo troppa voglia di mare.
Così,come se per me fosse normale, entrai in acqua e…
E..
Ogni giorno, ogni bagno, dove i miei piedi non toccavano. Cercando di dimenticarmi di avere paura.
Un giorno andammo a fare un giro in barca, in mezzo al mare. La mia amica disse: buttiamoci!
Mare aperto. Cielo immenso sopra e mare profondo sotto, nient’altro.
Ah, no. Questo no. Qui no. È troppo lontano da riva.. no no. La mia amica mi guardò sorridendo, che quel sorriso io ancora lo rivedo: “Silvi, che cambia qui o lì? Sono giorni che in mare non tocchi. Dai, buttati “.
Mi sono buttata.
La gioia che ho provato non riesco a raccontarla e mi dovete scusare. Ma appena la ricordo mi vengono i brividi come allora, come quando ricevo una notizia bellissima e inaspettata, tutto il mio corpo pieno di gioia, fuochi d’artificio dentro le vene, una scossa di elettricità che mi sembra di sentirmi viva per la prima volta. Immenso quel mare, immensa la profondità sotto i miei piedi, immensa la gioia di starci a galla, senza paura.
Mai più, mai più paura. Mai più.
Ci penso a questa storia quando mi capita di essere indecisa sul da farsi, quando temporeggio. E quando mi sento perduta.
Mai più, mai più paura. E buttarsi.
Il mare se ti affidi ti tiene.
E forse anche le cose della vita.
Ci tengono. Basta affidarsi.
P.s.Nonna, tu, da lassù, continua a guardarmi eh, che ancora adesso, ogni giorno, per ogni scelta, in risposta ad ogni domanda, vado dove non tocco.
Oggi ho scoperto per caso questo brano in un incontro di psicoterapia…mi ha fatto riflettere tanto…complimenti
Ciao Gina, piacere. Che sorpresa e che mistero questa tecnologia che è impossibile sapere dove e come arriva!
Un augurio di buone cose, di buoni tuffi, senza paura.