Quando ti infili il vestito di scena, è come prepararsi per fare un triplo salto mortale senza rete.
In quel momento, cerco uno spazio isolato, sto lì e faccio il vuoto. Dentro. Respiro e faccio il vuoto.
In quel vuoto salgono cose della mia vita, immagini, alcune mai apparse prima, ricordi, persone che c’erano e ora non ci sono più, domande eterne e cose così. Salgono in gola, da sole. E ogni volta è diverso.
E tutta quella vita che sale me la porto là sopra, dove faccio quel triplo salto mortale senza rete.
Sul palco. La porto perché di solito mi serve. Ecco, per dire come faccio questo mestiere.
Così.
Poi fai lo spettacolo. E il teatro è strapieno. E va benissimo. E sei felice.
Sei felice e tutto il viaggio in macchina per tornare a casa te lo fai col sorriso sdraiato sui denti.
Sei felice e domani a sto punto vedrai t’innamori. Sei felice e dopodomani vedrai fai dei figli. Sei felice e allora vedrai dopodopodomani vinci l’Oscar e anzi meglio non dormire stasera ma cominciare a pensare al discorso.
Sei felice che sicuramente tutto andrà bene. Sei felice che faresti l’amore con tutti, uomini e donne.
Sei felice che ti senti che Dio se c’è ti guarda e ti strizza l’occhiolino. Sei felice che ora fermeresti la macchina e ti metteresti a ballare in mezzo alla strada. Sei felice sei felice sei felice.
E allora con tutta questa felicità mica puoi andare a dormire.
Pensi a cosa fare, con tutta questa felicità, alle 3 di notte.
E se dovessi morirne, di tutta questa felicità che scoppia,
sappiate che in fondo volevo solo questo dalla vita: raccontare storie.